Alcuni aspetti da considerare per comprendere (non giustificare) la cattiveria umana
Ho visto “Joker”. E mi è piaciuto tantissimo.
Sia ben chiaro, la storia narrata esce dallo schermo per tirarti un pugno dritto in pancia e rimescolare per due ore i tuoi organi interni. Perché, a prescindere da tutto il contesto, “Joker” parla di malattia mentale, di solitudine e di degrado. Parla di un uomo che vorrebbe un riscatto personale da una vita che sembra essersi accanita contro di lui. E parla di una società che non sa che farci con un disturbo psichiatrico e preferisce voltarsi dall’altra parte sperando che magicamente scompaia.
Al punto che il protagonista scrive sul suo diario:
La parte peggiore di avere una malattia mentale
è che le persone si aspettano che ti comporti come se non l’avessi.
In questi giorni ho letto tante analisi interessanti a riguardo, ed ecco i punti che maggiormente condivido e che mi hanno fatto riflettere:
La mente si forma attraverso le interazioni che abbiamo con il mondo esterno, attraverso le nostre esperienze relazionali. Si può avere un disturbo mentale solo se inseriti all’interno di una comunità, e il contesto acuisce o provoca suddetto disagio. Siegel dice che le connessioni umane plasmano lo sviluppo delle connessioni nervose. E la storia di Arthur/Joker sembra voler sottolineare proprio questo aspetto.
“Siamo tutti clown”
Joker indossa una maschera con un enorme sorriso disegnato sul volto. La stessa che indossiamo sui nostri amati social media quando ci scagliamo contro chi riteniamo diverso/pericoloso/fastidioso. Quella che ci serve a coprire i difetti, le nostre vite imperfette e tutte le nostre debolezze.
“Sembra solo a me, o stanno tutti impazzendo?”
Arthur vorrebbe essere meno solo. Ma la vita continua a metterlo di fronte a scelte sbagliate, persone meschine e coincidenze sfortunate. È un po’ come se fosse finito su una giostra dalla quale non riesce a scendere. E nessuno sembra interessato a dargli una mano.
“Per tutta la vita non ho mai saputo se esistevo veramente, ma esisto.
E le persone iniziano a notarlo.”
La risata patologica esiste davvero. Joker ride moltissimo, a volte per manifestare un disagio, a volte per omologarsi agli altri. Rarissime le risate spontanee. Sembra che l’attore protagonista si sia ispirato ad una patologia reale denominata “riso spastico”, causata dalla sindrome pseudobulbare. In pratica la persona ride in modo irrefrenabile ed improvviso in modo incongruo rispetto al contesto. Sembra che ciò possa essere attribuibile ad alterazioni del controllo corticale sui centri emotivi sottocorticali.
Cosa c’è di così divertente?
Stavo pensando a una barzelletta.
Me la vuole raccontare?
Non la capirebbe.dott.ssa Chiara Bosia – Psicologa Psicoterapeuta