L’assassinio di Gianni Versace

Come nasce un serial killer – recensione della serie tv sulla vita di Andrew Cunanan.

Negli ultimi anni, Netflix ci ha più volte regalato delle serie che offrivano una finestra sulla mente di pericolosi criminali, reali o meno. Una delle ultime in ordine di tempo è quella che parla dell’omicidio di Gianni Versace, avvenuto il 15 luglio 1997 di fronte alla sua casa di Miami Beach, in Florida. La serie, in realtà, si concentra sulla vita dell’assassino, il gigolò Andrew Cunanan, ripercorrendone la storia a ritroso, omicidio dopo omicidio, fino a raccontare la sua adolescenza e la sua infanzia. E, grazie ad un simile meccanismo, la percezione dello spettatore passa dallo sdegno per quello che inizialmente sembra uno “squilibrato qualunque”, all’inquietudine nel realizzare la profondità e l’intelligenza della sua mente criminale. Fino alla stretta al cuore che si percepisce nell’assistere alle dinamiche presenti nella sua famiglia. Quando la storia ritorna al momento del suo ultimo omicidio, quello di Versace, lo spettatore ha un quadro più completo e complesso di ciò che sta succedendo, come se potesse percepirne il disagio e la sofferenza in modo più profondo.

La serie risulta interessante anche per il modo in cui alcune tematiche vengono affrontate da punti di vista differenti. Tutti i personaggi sono in qualche modo accomunati dal rifiuto e dal fatto di dover fingere di essere qualcosa che in realtà non sono. Il desiderio di accettazione si traduce quindi in un ricorso costante alla menzogna e al desiderio di apparire in un certo modo socialmente accettato.

In particolare, la serie affronta la tematica dell’omosessualità in una società poco disposta ad accettarla, a qualunque livello. Si percepisce il desiderio di Versace di esporre al mondo il proprio amore, forte anche di una posizione privilegiata, e il disagio del compagno di una vita, Antonio D’Amico, che sente di essere costantemente messo da parte dalla famiglia dello stilista e dai media.

Si coglie l’imbarazzo dei ricchi e anziani clienti di Andrew che nascondono la propria omosessualità per difendere i propri ruoli nella società. Così come i grandi amori del serial killer, che tacciono il fatto di essere gay alle loro famiglie o ne pagano il prezzo con la perdita del lavoro.

 

I personaggi che si susseguono sono quindi legati dal senso di inadeguatezza che provano e che cercano di affrontare in modi totalmente diversi, a partire da Versace che crea, lavora incessantemente e coltiva il senso di bellezza ad ogni costo, fino ad arrivare agli emarginati che vanno verso l’autodistruzione abusando di alcol o di sostanze.

 

Sicuramente alcuni fatti sono stati romanzati per rendere la serie più avvincente, resta il fatto che il risultato, per quanto inquietante e poco raccomandato ai più impressionabili, è certamente di un buon livello.

 

Chiara Bosia

Psicologa Psicoterapeuta